Viaggi tra musei e Chiese
Musei, Chiese e Tradizioni
LUOGO: Ragusa Ibla
La chiesa di San Giorgio, antica chiesa madre della città, prima del 1693, sorgeva all’estremità est dell’abitato, nei pressi dell’attuale Giardino ibleo, dove si trova ancora il grande portale quattrocentesco, di stile gotico-catalano, unica vestigia rimasta dell’antico tempio.
La chiesa venne infatti gravemente danneggiata dal terremoto: restarono in piedi parte della facciata, alcune cappelle e parte della Cappella maggiore, per cui venne costruito un ampio locale adiacente alla navata sinistra del vecchio tempio, in cui poter svolgere le sacre funzioni. Nel secondo quarto del secolo XVIII, si pensò al trasferimento della chiesa in una posizione piu’ centrale rispetto all’abitato, e, dopo aver scartato l’ipotesi di una ricostruzione nel sito della vecchia chiesa di S. Giovanni, anch’essa trasferita, si decise di costruirla al posto della chiesa di S. Nicola, che fino al secolo XVI era stata la parrocchia dei fedeli di rito greco e successivamente, passata al rito latino, era divenuta “chiesa sacramentale ” di S. Giorgio. Del progetto della nuova chiesa venne incaricato, nel 1738, Rosario Gagliardi, architetto della città di Noto e del suo vallo, uno dei protagonisti della ricostruzione barocca, che in questo edificio ci ha lasciato, forse la sua opera migliore. La prima pietra del nuovo tempio fu posta il 28 giugno dell’anno successivo, come ricorda una lapide murata sul lato destro della scalinata, e tuttavia, come ricorda l’enigmatica iscrizione posta sul lato opposto, i lavori poterono cominciare solo nel 1744, probabilmente a causa dell’opposizione dei procuratori della chiesa di S. Nicola, che non volevano perdere il loro luogo di culto.
Al Santo Vescovo venne poi intitolato l’altare del transetto destro che probabilmente è posto nel luogo in cui sorgeva l’altare maggiore dell’antica chiesa.
Il progetto del Gagliardi, di cui si conservano ancora le tavole originali, è caratterizzato dalla monumentale facciata “a torre” che ingloba il campanile nel prospetto e termina con una cuspide a bulbo, richiamando i tabernacoli lignei, seicenteschi, delle chiese cappuccine. La sua collocazione, al termine di un’alta scalinata, e la posizione obliqua rispetto alla piazza sottostante ne accentuano l’impotenza e gli effetti plastici, creati da una lieve convessità del partito centrale e dalla presenza delle colonne libere.
Due coppie di volute fanno da raccordo tra i diversi livelli ospitando, rispettivamente, le statue di S. Giorgio e San Giacomo, in basso, e quelle di S. Pietro e S. Paolo, in alto. Sulla cuspide, sotto la croce, si legge la data 1775, che indica la conclusione dei lavori della facciata, avvenuta il 5 ottobre di quell’anno con la “salita” delle campane.
Nel primo ordine del partito centrale si apre un grande portale con la cornice mistilinea, ricca di fregi e rilievi a motivi vegetali, mentre le porte lignee hanno una preziosa decorazione scultorea, in sei riquadri, con la raffigurazione di episodi del martirio di San Giorgio, opera dell’intagliatore palermitano Vincenzo Fiorello, che li realizzò nel 1793. L’interno, a croce latina, con le braccia chiuse da absidi semicircolari, è sereno ed equilibrato e viene diviso in tre navate da dieci robusti pilastri in pietra, con un’ampia zoccolatura in pece. Gli intagli che decorano il cornicione e i capitelli dei pilastri furono realizzate tra il 1779 ed il 1781, dagli scultori Giambattista Muccio e Giorgio Nobile di Ragusa. Nell’incrocio del transetto con la navata centrale si eleva la cupola, di gusto neoclassico, a doppia calotta, poggiante su due file di colonne.Secondo la tradizione sarebbe stata progettata e realizzata, nel 1820, dal capomastro ragusano Carmelo Cultraro, ispirandosi alla cupola del pantheon di Parigi, tuttavia recenti studi e riscontri archivistici ne assegnano la paternità all’architetto Stefano Ittar.
Nelle cappelle delle navate laterali si trovano tele dei migliori artisti del settecento siciliano: D’Anna, Tresca, Manno; sopra le porte laterali sono conservati i due simulacri che vengono portati in processione per le strade , durante la festa patronale di San Giorgio: la statua del Santo a cavallo opera dello scultore palermitano Bagnasco, che la realizzò nel 1874, e la grande cassa-reliquiario in lamina d’argento sbalzata, opera del 1818, dell’argentiere palermitano Domenico La Villa.
Sulla navata centrale prospetta il grande organo (1887) a 3368 canne, capolavoro della ditta “Serassi” di Bergamo, che lo volle chiamare “Organum maximum”, in quanto sintesi della sua migliore arte organaria. Nell’adiacente sacrestia si conserva un resto della monumentale ancona in pietra calcarea che lo scultore Antonino Gagini aveva scolpito per la vecchia chiesa di San Giorgio tra il 1573 e il 1576. Dalle rovine della chiesa furono recuperate tre nicchie e quattro statue che, pur assemblate in modo alquanto scorretto, danno tuttavia una idea della magnificenza dell’opera originaria.
Fonte: Comune di Ragusa
LUOGO: Ragusa
Il toponimo “Donnafugata” viene usualmente ricondotto alla leggenda della fuga della regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino I d’Aragona e reggente del regno di Sicilia, che venne imprigionata nel castello dal suo aspirante conte Bernardo Cabrera, il quale ambiva soprattutto al titolo di re. In realtà la costruzione del castello è successiva alla leggenda e il toponimo potrebbe derivare dal nome arabo “Fonte della Salute”. La prima costruzione del castello sembra dovuta ai Chiaramonte, conti di Modica nel XIV secolo, ma la maggior parte della costruzione si deve al barone Corrado Arezzo, eclettico uomo di studi e politico del Regno d’Italia.
Il castello, diviso su tre piani, conta oltre 120 stanze di cui una ventina sono oggi fruibili ai visitatori. Visitando le stanze che contengono ancora gli arredi ed i mobili originali dell’epoca, sembra quasi di fare un salto nel passato, nell’epoca degli ultimi “gattopardi”. Ogni stanza era arredata con gusto diverso ed aveva una funzione diversa. Da ricordare la stanza della musica con bei dipinti a trompe-l’oeil, la grande sala degli stemmi con i blasoni di tutte le famiglie nobili siciliane e due antiche armature, il salone degli specchi (ornato da stucchi), la pinacoteca con quadri neoclassici della scuola di Luca Giordano. Notevole, poi, il cosiddetto appartamento del vescovo, con splendidi mobili Boulle, riservato esclusivamente all’alto prelato (un membro della famiglia Arezzo nel Settecento).
Intorno al castello si trova un ampio e monumentale parco di 8 ettari realizzato dal barone Corrado Arezzo. Contava oltre 1500 specie vegetali e varie “distrazioni” che dovevano allietare e divertire gli ospiti, come il tempietto circolare, la Coffee House (per dare ristoro), alcune grotte artificiali dotate di finte stalattiti (sotto il tempietto) o il labirinto.
Quest’ultimo, realizzato con muri a secco e sorvegliato da un soldato di pietra all’ingresso, riproduceva la forma trapezoidale del labirinto inglese di Hampton Court, probabilmente osservato dal Barone durante uno dei suoi vari viaggi.
Nel parco si trovano anche degli “scherzi” che il barone aveva fatto predisporre come diversivo alle giornate noiose. Alcuni esempi: un appartato sedile per aspiranti amanti che grazie ad un irrigatore innaffiava i malcapitati ospiti, e il monaco di pezza che spaventava le vittime fuoriuscendo da una cappella posta in fondo al parco.
Grazie alle sue forti influenze politiche il barone riuscì anche a far modificare il tracciato della ferrovia nel tratto Ragusa – Comiso in modo da farla passare nelle vicinanze del castello e avere la propria stazione ferroviaria (Genisi). Data l’importanza turistica i treni regionali tutt’oggi fermano regolarmente alla stazione di Donnafugata che dista meno di 500 m dal castello e permette di raggiungere il sito con una breve passeggiata.
Il castello è stato nel corso degli anni sede si diversi set cinematografici e televisivi quali: il film “I Viceré” e la serie TV “Il commissario Montalbano”.
Per raggiungere il castello (36°52’59.6″N 14°33’50.7″E) in auto occorre percorrere la SP80 e imboccare quindi la SP71, oppure raggiungere la SP71 dalla SP13. Per gli orari di apertura consultare il sito del Comune di Ragusa.
LUOGO: Scoglitti (Vittoria)
La colonia di Camarina fu fondata dai siracusani nel 598 a.C. sulla costa meridionale della Sicilia su un promontorio limitato a nord e a sud rispettivamente dal basso corso dei fiumi Ippari e Oanis; il versante occidentale si protende sul mare mediante una ripida falesia impostata su conglomerati e sabbie pleistoceniche poggianti su trubi che ne costituiscono la base poco sotto l’attuale livello del mare. E’ stata questa situazione che ha creato fin dai primi decenni di vita della città problemi di instabilità della falesia che gli antichi greci tentarono di fronteggiare mediante la messa in opera di barriere frangionde, da poco scoperte in mare aperto. L’abbandono della città nella tarda età romana e il colmamento del bacino portuale ubicato nel tratto terminale del fiume Ippari, secondo il sistema del porto canale, hanno arrestato in parte, con l’aumento della spiaggia, il problema. Oltre ai fenomeni generali di erosione, questa sembra essere stata accelerata dalla recente costruzione del porto di Scoglitti; nei primi decenni del XIX secolo, una commissione di inchiesta del Regno di Napoli ne aveva sconsigliato la costruzione temendo proprio i fenomeni ora in atto.Il problema coinvolge ora anche il lato meridionale delle mura e la torre di età ellenistica costruita a guardia di una porta.
Tutto il complesso viene sottoposto alle frequenti mareggiate invernali che hanno scavato un evidente solco di battente al di sotto delle mura, con pericolo di crollo imminente di tutta questa parte del sistema difensivo della città antica. Nel XIV secolo d.C., sul settore più vicino al porto, fu edificata, a spese di analoghe strutture greche esistenti in posto, una torre di guardia alle strutture portuali che ancora sopravvivevano. Le scadenti caratteristiche tecniche dei terreni che formano la falesia sono fra le cause che ne provocarono, insieme ad altre strutture monumentali di età greca sul terrazzo dell’acropoli, il crollo totale nel 1915. Alle caratteristiche tecniche si sommano oggi fenomeni veloci di erosione costiera che hanno portato di nuovo il mare a contatto con la falesia. Ne sono già state coinvolte le mura della città antica, frammenti delle quali si trovano ora sia lungo la battigia sia in mare aperto.
- Museo Archeologico Ibleo
Via Natalelli Tel. 0932.622963
Orario: dal Lunedì alla Domenica dalle ore 9.00 alle ore 19.00
- Museo Archeologico Regionale di Camarina
Strada Provinciale Scoglitti – Cammarana Tel. 0932.826004 Fax 0932.846002
Orario: dal Lunedì alla Domenica dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.30. (A causa di personale ridotto è consigliabile telefonare per confermare).
Biglietto d’ingresso: € 4,00
- Museo del Tempo Contadino
Palazzo Zacco
Via San Vito, 158
Orario:
dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.00
Martedì e Giovedì dalle ore 9.00 alle ore 13.00 – dalle ore 15.30 alle ore 17.30
Chiusura: Sabato e Domenica
Biglietto d’ingresso: € 2,00
Biglietto d’ingresso cumulativo Palazzo Zacco + Museo Italia in Africa: € 3,00
Biglietto d’ingresso cumulativo Palazzo Zacco + Museo Italia in Africa + Castello Donnafugata
(emesso al Castello di Donnafugata): € 8,00
- Civica Raccolta Carmelo Cappello
Palazzo Zacco
Via S.Vito, 158
Orario:
Lunedì – Mercoledì – Venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.00
Martedì e Giovedì dalle ore 9.00 alle ore 13.00 – dalle ore 15.00 alle ore 17.00
Chiusura: Sabato e Domenica
Biglietto d’ingresso: € 2,00
Biglietto d’ingresso cumulativo Palazzo Zacco + Museo Italia in Africa: € 3,00
Biglietto d’ingressocumulativo Palazzo Zacco + Museo Italia in Africa + Castello Donnafugata
(emesso al Castello di Donnafugata): € 8,00
- Museo Civico “L’Italia in Africa”
Locali comunali di Via San Giuseppe
Orario: dal Lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 13.00
Martedì e Giovedì dalle ore 9.00 alle 13.00 – dalle ore 15.30 alle 17.30
Chiusura: Sabato e Domenica
Biglietto d’ingresso: € 2,00
Biglietto d’ingresso cumulativo Palazzo Zacco + Museo Italia in Africa: € 3,00
Biglietto d’ingresso cumulativo Palazzo Zacco + Museo Italia in Africa + Castello Donnafugata
(emesso al Castello di Donnafugata): € 8,00
- Museo Della Cattedrale
Corso Italia,87 Tel. 0932.244494 – Fax 0932.627103 – e-mail:museo@cattedralesangiovanni.it
Orario:
Da lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 12.00
lunedì – mercoledì – venerdì dalle 15.30 – 18.30
Biglietto d’ingresso: € 2,00 – Ridotto: € 1,00
- Museo del Duomo
Duomo San Giorgio – Ragusa Ibla Tel. 0932/654113
Orario Invernale:
Aperto sabato e domenica: dalle ore 10.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.00
Nei giorni feriali si può prenotare al 348.1011019
Orario estivo (in vigore da maggio a settembre)
dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.00
Biglietto d’ingresso: € 3,00 – Ridotto: € 2,00
- Obsculta – Museo Benedettino
Piazza Pola – Ragusa Ibla – tel. 370.1269772 – e-mail:obsculta.museo@gmail.com
Orario:Dal lunedì al sabato dalle ore 10,00 alle ore 13.00
lunedì, mercoledì e venerdì anche dalle ore 16,30 ale ore 18,30 – Fino al 31 ottobre.
Giorno di chiusura: giovedì – domenica
Mese di novembre, gennaio e febbraio
- Casa Museo Appiano
Via Valverde, 67/69 – Ragusa Ibla – Tel. 320/0396701 – 338/6545559 e-mail:info@casamuseoappiano.it
Orario: ven, sab e dom dalle 9.00 alle 11.30 e dalle 15 alle 17.30
Per altri orari o giorni è richiesta la prenotazione al num. 320/0396701
Giorno di chiusura: lunedì
Biglietto d’ingresso: € 2,00
- Museo Naturale e delle Miniere d’Asfalto di Tabuna e Castelluccio
Contrada Tabuna – Ragusa
Dal Martedì al Venerdì ore 10.00 – 13.30
Sabato, Domenica e festivi ore 10.00 – 13.00 // ore 15 – 17
LUNEDI CHIUSIBiglietto d’ ingresso
Un solo museo € 1,00. Tutti i musei € 4,00. Ridotto (scuole e comitive) € 2,00.
Per informazioni e prenotazioni : tel. 0932 928239 cell. 333/3253773
MUSEO DI ARTE SACRA – via S. Caterina (ang. Piazza Duomo)
Il museo si sviluppa su quattro sezioni espositive: il rito religioso, l’arte plastica, la pittura, l’arredo e il rivestimento ceramico.
La prima sezione presenta Paramenti e Arredi Sacri, quasi interamente collocati nella sala grande. Vi si ammirano piviali in oro e seta; diverse pianete; un ostensorio in argento con alla base la statuetta di Santa Caterina, calici in argento, una croce d’altare in madreperla, finissime stole e cotte e mantelline.
Dell’arte plastica il museo presenta le sculture in terracotta del maestro Giuseppe Criscione e dei figli Alberto e Paola; oltre trenta “statuine” del Presepe Etnografico degli Iblei nello stile classico di Criscione così come è conosciuto in tutta Europa. Il Presepe è ricostruito su un plastico raffigurante elementi del Patrimonio architettonico e ambientale di Chiaramonte.
Nella sezione pittorica sono esposte alcune tele di S. Montanucci che riproducono gli interni delle Chiese di San Giovanni Battista, del SS. Salvatore, di San Vito e del Santuario di Gulfi.
E’ ospitata anche una collezione di Giacomo Alessi, notissimo artigiano ceramista calatino, che della ceramica ha fatto un’arte, nazionale, europea.
MUSEO DI CIMELI STORICO MILITARI – Piazza Duomo
La raccolta di Emanuele Gulino, collezionista di fama nazionale, supera i mille reperti, su vicende che hanno interessato la storia militare italiana degli ultimi due secoli.
I cimeli custoditi abbracciano momenti tragici ed eroici dei nostri soldati, nelle trincee del Carso o sui campi di battaglia d’Africa, della Grecia, della Russia. I periodi più ricchi di reperti restano la prima guerra, l’epoca fascista e il secondo conflitto mondiale.
La serie espositiva della raccolta è dominata dai copricapo militari, di tutte le forge. E poi da elmetti (alcuni con i fori di entrata e uscita, altri con cuffia radio) di varie generazioni e Stati.
Le armi sono copiosamente rappresentate. Già all’entrata del museo campeggia un cannone Breda da 76/40, emblema della guerra tradizionale. Poi maschere antigas, sciabole, mine, bombe a mano, lo scheletro di una mitragliatrice, un proiettile del 1908, un nastro portacolpi per mitragliatrice, una bomba simil siluro, grandi proiettili da cannone, un candelotto triplo lacrimogeno, e poi vari elementi della carrozzeria di aerei, un serbatoio del ’43 per l’autonomia di volo dell’aereo.
Fa bella mostra una vasta raccolta di costumi militari, con ogni tipo di fregio e distintivo.
Alcuni accendini esposti, inviati dai soldati ai propri familiari, portano eloquenti dediche: “Per favore non provate a parlarmi del Vietnam: ci sono già stato”.
MUSEO DEL RICAMO E DELLO SFILATO SICILIANO – Via Lauria, 4
E’ collocato in una delle viuzze adiacenti la storica scalinata di San Giovanni, all’interno del suggestivo tracciato medievale della città antica. Nel museo si trovano spazi dove si ricostruiscono, con suppellettili, mobili, fotografie e preziosi strumenti artigianali, gli ambienti in cui vengono creati gli inconfondibili e sempre più rari ricami dello sfilato siciliano. L’esposizione è impreziosita da introvabili testimonianze del passato, fra le quali un telaio in legno; ed ancora si vedono più di duecento pezzi fra tende, tovaglie, asciugamani, paralumi, capi di paramento sacro, oltre a telai e attrezzi d’epoca del ‘700 siciliano.
Il Museo del Ricamo costituisce un luogo per custodire ciò che il tempo inesorabilmente distruggerebbe; ma costituisce anche il primo nucleo di una struttura polivalente aperta al mercato. E di questo importante patrimonio il visitatore troverà, copiosamente esposti, generi noti e diffusi, e prestigiosi: lo sfilato 400, di grande pregio, anche nella sua variante a punto rammendo; lo sfilato 700 e 500. In questa esposizione si va a cogliere anche una storicità dei pezzi esposti e molte opere hanno una precisa datazione riferibile a periodi e manufatti fra la fine Settecento e il Novecento: Stile Caterina de’ Medici, Stile Impero…
CASA MUSEO LIBERTY – Palazzo Montesano, via Montesano
E’ un allestimento unico in tutta la Sicilia, già collezione privata di Emiliana Figliuoli.
Espone oggetti preziosi realizzati da artisti come Renè Lalique, Legras, Calderoni e si completa nell’arredo di una casa, con mobili realizzati su disegno di Ernesto Basile e di Carlo Zen.
Nell’impianto espositivo ogni pezzo è infatti mostrato nella sua naturale ambientazione funzionale, perché risultino più trasparenti, il vissuto la storia e quindi la funzione di informazione e conoscenza.
L’ingresso accoglie mobili siciliani realizzati su disegno di Ernesto Basile. Poi il salotto dopo risalta una consolle e una fioriera con specchio in legno intarsiato a nano. Nella vetrina si vedono pezzi in argento, Sheffield e avorio, con un ricercatissimo vaso di Legras e due prezuise coppe di Renè Lalique, in cristallo, decorate con la tecnica della cera persa all’acido.
La sala da pranzo con due credenze ispirate alla scuola di Nancy, un tavolo abbillè. Nel boudoir dove la padrona di casa trascorreva il suo tempo, risalta un prezioso bibelot in porcellana sulla toeletta in marmo. Elegante la camera da letto padronale, arredata con cura e minuziosità. Una camera della casa è dedicata alla nutrice. E non manca la macchina da cucire Singer dei primi del ‘900.
Nella stanza delle visite private troviamo una consolle, una specchiera in legno di mogano con vetri policromi, una poltrona con accanto un servo muto a tre ripiani in legno intarsiato, e sulla parete un porta vaso pensile in ceramica policroma.
MUSEO ORNITOLOGICO – Palazzo Montesano, via Montesano
Si fonda sulla collezione dei fratelli Paolo e Giuseppe Azzara, avviata intorno agli anni Cinquanta. È una raccolta di oltre 600 esemplari, alcuni rari e significativi per l’ornitologia siciliana, altri rarissimi per l’Italia e alcuni estinti localmente o estinti a livello regionale e nazionale.
Fra i pezzi da ammirare subito, ad inizio visita, spicca il Corvo imperiale con altri Corvi comuni, assieme alla Ghiandaia e alla Gazza. Indi si trovano le Civette, poi il Barbagianni, il Gufo reale, frammischiato a quello comune e a quello da palude. Finché ci apparirà la suggestiva Civetta delle nevi. Molte specie di Poiane sono esposte (da quella comune alla calzata), le specie dei Falchi (fra i quali il Falco Pellegrino e il Pecchiaiolo, noto anche perché si nutre di Api e Vespe dopo averne destramente staccato il pungiglione), lo Sparviero giovane, poi i Nibbi con il Nibbio reale in primo piano. Di notevole richiamo le sezioni dedicate alle Aquile, agli Avvoltoi, e ai Grifoni: maestosi e “imperiali” i singoli esemplari di questi rapaci. Seguono ancora Pellicani e Cormorani, fino ad arrivare alle Galline prataiole, alle Otarde, alle Pernici e ai bellissimi corpi dei Gabbiani, fra i quali il Gabbiano reale.
Gli esemplari esposti risultano perfettamente imbalsamati e in ottimo stato. Talmente ben conservati che quelle piume e quegli occhi sembrano vivere. Questo museo costituisce uno straordinario documento e un impareggiabile itinerario per chi studia e ama la natura.
MUSEO DEGLI STRUMENTI ETNICO MUSICALI – Palazzo Montesano
Museo degli Strumenti etnico-musicali, collocato nello storico Palazzo Montesano, occupa sette sale del piano nobile del palazzo, e contiene ben 600 strumenti musicali provenienti da tutte le parti del mondo. La raccolta va attribuita al genio “esplorativo” e alle “curiosità” del modicano, compianto, Duccio Belgiorno.
Si tratta di reperti rari, a volte unici, alcuni dei quali introvabili, perché provenienti da paesi, dove allo stato non è consentito il visto di ingresso, come il Tibet, del quale si presentano due flauti, dal suono originalissimo, ricavati da “tibie umane” e splendidamente intarsiati, e un membranofono (tamburo bipelle: damaru), che utilizza calotte craniche “umane” come cassa armonica. Unicità di esemplari, da sola indicativa del valore intrinseco della collezione.
Il museo comprende un numero significativo di strumenti etnico-tribali, provenienti da zone remote dell’Africa centrale, dell’Asia, delle Americhe, e in particolare della Papuasia e della Nuova Guinea. Raccoglie, fra l’altro, una interessante collezione di zanze (idiofoni a pizzico) e pezzi provenienti da Kenya, Rhodesia, Botswana, Zimbabwe; tre splendidi charanghi argentini ricavati da carapace di armadillo, e balalaike provenienti da paesi slavi; birimbao dal Brasile; tre sytar indiani, e centinaia di altri esemplari.
Un planisfero colorato e ricco di riferimenti etnici, grande come la parete su cui si staglia, accoglie il visitatore e gli trasmette la radice simbolicamente planetaria del museo.
MUSEO DELL’OLIO – Palazzo Montesano, via Montesano
Il museo è accolto nei bassi del Palazzo Montesano, in sette sale, con le volte a botte; in questi ambienti si susseguono strumenti di tecnologia estrattiva dell’olio di oliva. Una pressa del 1614, una mola in pietra, giare, strumenti di misura dell’olio e cento e cento utensili e suppellettili vari. Oggetti di uso comune e dispositivi ingegnosi, specifici di immagini e di ambienti rurali.
Viene ritratto il cuore dell’antica civiltà contadina, in quel mitico tempo della memoria che si dipana davanti al visitatore con le sue ingegnosità e le sue miserie.
Le “reliquie”: un cafiso in ferro (contenitore tipico dell’olio), una pressa idromeccanica dei primi del Novecento. Nelle sale è possibile ammirare, tra l’altro: giare in latta a bocca larga e stretta; quartare a due manici laterali con collo stretto e coperchio, oliere, zappatrice in ferro, aratro in ferro con vomere a punta e aratro in legno con vomere in ferro a punta larga; corbelle d’epoca, panieri, forbici in ferro per potatura, seghetti (sirraculi) e trapano a mano (virrina).
Da una sala all’altra il tema si ritrova sempre in giare, vasi, in classici lumi di carretto, bummuli (sorta di brocche per contenimento dei liquidi), imbuti. In un ambiente specifico il tema espositivo si sviluppa attorno all’attrezzistica più strettamente da lavoro. Vi sono esposti un giogo in ferro per il traino, un aratro in legno con vomere, una pala, un tridente per foraggio, un carretto, anche qui quartare (recipienti per l’acqua), crivelli in legno con rete metallica, asce.
In questo Museo tramite la documentazione esistente ma anche tramite una ricostruzione mentale, immaginaria, sembra materializzarsi quel mondo, di oggetti e di soggetti, di cui Serafino Amabile Guastella, il grande studioso e scrittore chiaramontano dell’Ottocento, scrisse con rigore e con meriti.
PINACOTECA GIOVANNI DE VITA – Palazzo Montesano, via Montesano
È costituita da opere donate dalla famiglia De Vita, su esplicita volontà del Maestro, alla comunità chiaramontana. Opere nel loro insieme delicate per le tonalità, pervase da cromie calde e carezzevoli, su sfondi piacevolmente sfumati, talora impressionistici, ma sempre morbidi e avvolgenti.
La raccolta è distribuita in alcuni ambienti dell’antico palazzo Montesano, di cui in qualche modo quel simposio pittorico esalta i profili architettonici nobiliari.
Prevalgono le tecniche della tempera e dell’acquerello, nelle quali il Maestro ha profuso una parte rilevante della sua arte. Ma anche la tecnica dell’olio su tela caratterizza un versante pregevole della raccolta chiaramontana. In olio su tela sono le opere “Idilliaco”, “Un grappolo di illusioni”, “Il Faro”. Con la tecnica a olio sono ancora realizzate le opere “Armonie di forme”, “Fervore di studio”, “Nido”, “ Ritratto della sorella”, “Golgota”, tutte in un ambiente.
La tempera domina le opere “Composizione”, “Sereno”, “Serata di gala”, “Ed è subito sera”, “Commiato”, “Salutazione mattutina”, “Scale musicali”. Mentre in acquerello sono le produzioni “Simboli”, “Paesaggio ibleo”, “Intimità paesana”, “Una carezza alle vecchie mura” nelle stesse sale. Un successivo spazio è occupato da acquerelli e tempere: “Alle prese col vero” e “L’inquisitore” in acquerello su carta, “Il viale” e “Limpida gioia” in tempera.
Le opere esposte sono segno di una produzione con una tenue, delicata, ma nitida identità, territoriale quasi, ricorrente in tanta pittura che sveli inequivocabili “debiti” iblei, e che il Maestro De Vita interpreta con pienezze inimitabili.